Un altro tema dell’aforisma 223 è il tema consueto della vicinanza tra l’esperienza storica e il viaggiare. Nello spazio è possibile trovare i residui viventi delle trascorse epoche storiche, fare esperienza di costumi diversi relativizzando il proprio e moltiplicando le anime nel petto.
Nell’aforisma questo atteggiamento, legato ad un impulso alla libertà, contro “gli intelletti legati e radicati” viene definito un “nomadismo intellettuale” (das geistige Nomadenthum). L’espressione, come conferma un appunto di Nietzsche, è di Emerson ed è tratta dal saggio sulla Storia.
“Il nomadismo intellettuale è il dono dell’oggettività, oppure il dono di trovare dappertutto uno spettacolo dilettevole. Ogni uomo, ogni cosa è una mia scoperta, è mia proprietà: l’amore che lo anima per tutto gli appiana la fronte”.
In un altro frammento, Nietzsche definisce lo stato d’animo del viandante con le parole di Emerson:
“Emerson dice: “Il valore della vita risiede nelle sue insondabili capacità: nel fatto che io non so mai, se sto diventando un individuo nuovo, che cosa mi può capitare” Questo è lo stato d’animo del viandante.Importante in Emerson , la paura della cosiddetta scienza – il creatore penetra dalla porta in ogni individuo”.
Il viandante arricchisce la sua esperienza tramite un viaggiare senza meta fissa che comporta uno stato di precarietà e di incertezza, l’esperienza della storia del viandante si contrappone, oltre che alla linearità e sicurezza di un processo cumulativo, a quella “dell’ozioso raffinato nel giardino del sapere” che ha bisogno della storia per riempire il suo vuoto interiore e caratterizza il dilettantismo voluttuoso e ammiccante di Renan (“profumato e gaudente della storia”GM). (Del resto l’immagine del giardino ha in sé l’elemento rassicurante di qualcosa addomesticato a misura dell’uomo).
Su questo tema del viandante si può segnare, però, già la profonda differenza e inconciliabilità tra il mistico e religioso-profetico Emerson (sia pure di un misticismo improntato a elementi di attività e di affermazione del mondo) e la posizione di Nietzsche. Questi mette in primo piano la necessità di un’esperienza reale empirica, molteplice, la permanenza di stadi anteriori, situati nello spazio, la compresenzadi più livelli storici. Questo atteggiamento troverà il suo sbocco maturo nell’indagine della Genealogia.
Qui si mostrerà la costruzione, attraverso la pluralità, di un soggetto che mantiene in sé la ricchezza delle esperienze (il modello privilegiato è quello del corpo). Per Emerson all’esperienza nomadica si può contrapporre, con altrettanto o maggior profitto,una esplorazione “sedentaria” dell’io: “al mondo primitivo o mondo anteriore io posso giungere immergendomi in me stesso”, sembra cioè trovare nelle esperienze della storia sempre l’eterno elemento umano (“la Superanima”,”l’eterno Uno” etc) e nulla è più lontano di questo da Nietzsche.
L’atteggiamento di Emerson è fortemente debitore dell’idealismo romantico. Se Nietzsche ripete, per alcuni tratti , il modello goethiano del Wilhelm Meister, Emerson si avvicina di più all’interiorizzazione della storia dell’‘Heinrich von Ofterdingen di Novalis: “Mi pare di vedere due strade per giungere alla scienza della storia umana. L’una, faticosa e a perdita di vista, con innumerevoli giravolte, la strada dell’esperienza; l’altra, quasi soltanto un salto, la strada della meditazione “.
Risulta a mio parere una critica nei confronti di Emerson questa riflessione del ’78 intrecciata ad estratti da questo scrittore:
“Poeti e filosofi fantasiosi sognano che la natura (animali e piante ) possa essere intesa semplicemente per amore e intuizione, senza scienza e metodo. La stessa posizione verso l’uomo hanno i metafisici”. Del resto Nietzsche sempre avrà una decisa posizione contro il misticismo le cui spiegazioni passano per ‘profonde’ e “non sono nemmeno superficiali”(FW).
Nietzsche non vuol tornare indietro: la sua diffidenza verso gli aspetti ‘romantici’ di Emerson è sostenuta dalla definitiva critica agli stessi aspetti presenti in Schopenhauer e Wagner.
Nietzsche continuerà a valorizzare, fino all’ultimo, il tema del nomadismo : ad esempio nelle riflessioni del 1888 sul Codice di Manu, conosciuto nella dubitosa traduzione del Jacolliot. Contro l’irrigidimento, la stupidità che investono anche (soprattutto) i livelli alti (ogni azione è giusta solo se conforme alla legge), la prerogativa della libertà e del movimento, paradossalmente, è negli esseri ibridi, i fuorilegge, nei Chandala: “devono aver avuto per sé l’intelligenza e anche una natura interessante. Essi erano gli unici che avessero accesso alla vera fonte del sapere, l’empiria (…)”. Nietzsche riassume così le sue critiche al codice di Manu: “manca la natura, la tecnica, la storia, l’arte, la scienza”.
Proprio “la bestia caotica, impura, incalcolabile” ha la prerogativa del nomadismo, dello sperimentare, e costituisce l’unico elemento di movimento di quella solare comunità. Se Nietzsche valorizza la perfezione automatica dell’istinto e il macchinismo del complesso, vuole però evitare l’istupidimento che si accompagna come l’ombra alla forte organizzazione di potenza. Lo sperimentare è affidato ai “nuovi filosofi”, agli spiriti liberi che solo in epoche dominate dal costume son considerati “nemici di Dio” spregiatori della verità,’ossessi'”. “In quanto mentalità scientifiche, si era dei Chandala… Abbiamo avuto contro di noi l’intero pathos dell’umanità”(L’anticristo).